Paolo Flavio De Franceschi
(Paluzza, 23 giugno 1937 – Verona, 5 agosto 2006)
Nacque nel 1937 a Paluzza (Ud) nelle Alpi Carniche. Sin da giovane, grazie anche alla profonda esperienza maturata come cacciatore, alla Mario Rigoni Stern, lo definì il prof. Sandro Ruffo, Direttore del Museo Civico di Storia Naturale di Verona, “il De Franceschi”, così era chiamato, cominciò a coltivare interessi scientifici nei confronti della fauna alpina, degli ambienti in cui vivono, le loro abitudini, il ciclo biologico trasformandosi così in quel naturalista che abbiamo conosciuto e ammirato.

Lasciò quindi la professione e divenne studente, questa volta di Scienze Naturali all’Università di Modena. Si laureò nel 1971 con il massimo dei voti e la lode. Dopo la laurea ritornò a Paluzza per insegnare a Tolmezzo. Ma la passione per le scienze naturali lo spinse a fare domanda di trasferimento a Verona per avvicinarsi al Museo di Storia Naturale.

Ottenne una cattedra di scienze al liceo scientifico Angelo Messedaglia dove fino al pensionamento, fu insegnante severo ma molto amato da tanti studenti che ancora oggi lo ricordano. Divenne assiduo frequentatore e poi collaboratore volontario del Museo di Storia Naturale. Le montagne di Verona, trovarono in lui uno studioso attento ed entusiasta. Camminatore instancabile le percorse tutte e divenne in breve tempo il maggiore esperto di vertebrati, e specialmente di uccelli, dei Lessini e del Monte Baldo. Fu per lunghi anni consulente, del comitato caccia provinciale ed estensore del piano faunistico del Veronese. Sulla rivista del Museo di Storia Naturale pubblicò nel 1978 uno dei suoi primi lavori sull’alimentazione del gallo forcello nelle Alpi Carniche. A questa pubblicazione ne seguirono molte altre, quasi un centinaio, sempre di argomento ornitologico, tanto da divenire il maggiore studioso italiano di Tetraonidi ma anche di altri galliformi.

A Verona ebbe anche il merito di dar vita al Gruppo Veronese di Studi Ornitologici, che sotto la sua guida realizzò negli anni ’80 l’“Atlante degli uccelli nidificanti in provincia di Verona”. Grazie all’energia che metteva in ogni sua attività riuscì a coinvolgere e ad appassionare all’ornitologia numerose persone, molte delle quali ancora oggi continuano gli studi da lui iniziati sull’avifauna veronese Nel corso della sua lunga attività professionale ha tenuto numerosi seminari presso l’Università degli Studi di Padova ed è stato correlatore di tantissime tesi di laurea in Scienze Biologiche, Naturali e Forestali. È stato membro dell’Accademia di Agricoltura, Scienze e Lettere di Verona, del Comitato Scientifico del Museo di Montebelluna e del comitato editoriale di diversi libri e riviste. È stato anche uno dei tre redattori, assieme a P. Brichetti e N. Baccetti, del primo volume sugli Uccelli della collana “Fauna d’Italia” della Editrice Calderini di Bologna.

Era molto conosciuto anche fuori d’Italia, per la sua frequentazione dei congressi ornitologici internazionali, e fu inviato negli Stati Uniti dove compì delle ricerche sui Tetraonidi delle Montagne rocciose Paolo De Franceschi mancherà sicuramente a moltissimi ornitologi, per la sua indubbia competenza e soprattutto perché era davvero una “grande” persona.

Le sue spoglie riposano nella natia Carnia, a Casteons di Paluzza, tra le montagne che tanto amò in vita.

Estratto da:
Associazione Faunisti Veneti, NOTIZIARIO, n° 20 – dicembre 2006
Francesco Corbetta, Natura e Montagna, a. LIV, n. 1, 2007: 50
Museo Civico di Storia Naturale di Verona, ricordi

Dai diari di Paolo De Franceschi
11 agosto 1980
Incontro con una femmina di pernice bianca a Casera Lavareit
“il 18 luglio scorso lungo la strada che sale al Rifugio Marinelli, sul terzo tornante sopra la Casera Lavareit improvvisamente in mezzo la strada, vedo una femmina di pernice bianca con otto pulcini grandi come una allodola. 2 -3 in qualche modo riescono a volare, gli altri non riescono neppure ad arrampicarsi lungo la scarpata per portasi nel bordo della strada… questi ultimi dopo alcuni goffi tentativi di volare rotolano verso il basso e si nascondono tra i cespugli.

La femmina prende il volo e si porta sopra la Casera tra i rododendri cantando e richiamando i piccoli che rispondono con un leggero pio, pio, pio… poco dopo 3 volano in modo stentato verso di lei ma 4-5 sono ancora a pochi passi dai miei piedi, tra l’erba, dove si sente pigolare. La femmina vola verso di me, a una trentina di metri, continua a chiamare; io mi allontano e senza girarmi sento il richiamo sempre più rare e lontane. Sono sicuro che la femmina si è riunita con i pulcini.

Il 19 luglio dopo aver dormito al Marinelli, sono tornato nel territorio dove avevo visto la covata il giorno prima ma non ho visto niente e non ho sentito nulla…

Quella pernice era la stessa che il 7 giugno mi ha portato in giro sul Monte Terzo. Tornerò a metà settembre a vedere le giovani pernici.”